27 febbraio 2007

giochi,vinci.giochi,perdi.giochi.

Esiste una città circondata dal mare in cui, al posto di vie e strade , si snodano canali e vicoli limacciosi che solo i topi riescono ad attraversare.

Questa è la città dei labirinti. Puoi spostarti tra gli stessi due punti ogni giorno della tua vita e non fare mai la medesima strada. Se ti capita è certamente un errore.

Dovunque ti dirigi, la meta è sempre di fronte a te, ma non ti sarà mai possibile proseguire diritto.

Qui, nella città caleidoscopica, dovrai risvegliare la tua fede.

Con la fede tutto diventa possibile.

Corre voce che gli abitanti di questa città camminino sull’acqua. E, fatto ancor più bizzarro, che abbiano i piedi palmati. Non proprio tutti gli abitanti, solo i barcaioli che si tramandano il mestiere di generazione in generazione.

La leggenda dice così.

Quando la moglie di un barcaiolo scopre di essere incinta, aspetta che la luna sia piena e la notte si sia svuotata degli sfaccendati. Poi prende la barca del marito e rema fino ad un’ isola terribile dove vengono seppelliti i morti.

Lascia del rosmarino a prua perché gli spiriti non la seguano sulla barca al ritorno, poi corre alla tomba del familiare morto per ultimo in ordine di tempo. Ha portato le offerte: una fiaschetta di vino, una ciocca dei capelli del marito e una moneta d’argento. Deve lasciare i doni sulla tomba del morto e pregare che il nascituro abbia il cuore puro se sarà femmina e i piedi da barcaiolo se sarà maschio. Non c’è tempo da perdere. Deve essere a casa prima dell’alba e la barca deve rimanere cosparsa di sale per un giorno e una notte. In questo modo i barcaioli custodiscono i loro segreti e tramandano la loro arte ai figli.

Per nulla al mondo i barcaioli si toglierebbero gli stivali, nemmeno a corromperli. Ho visto turisti lanciare monete d’argento ai pesci, ma non ho mai visto un barcaiolo togliersi gli stivali.

Un tempo in questa città viveva un uomo debole e sciocco. Un giorno mentre traghettava un turista da una chiesa all’altra, si mise a chiacchierare con il cliente e questi sollevò la questione dei piedi palmati. Contemporaneamente estrasse dalla tasca una borsa piena di monete d’argento e con un gesto lento l’appoggiò sul fondo della barca. L’uomo pensò che non ci sarebbe stato alcun male a togliere uno stivale e a lasciare che il turista desse un’occhiata.

Il mattino dopo due preti videro l’imbarcazione: il turista farneticava e si tirava le dita dei piedi. Il barcaiolo era scomparso. Portarono il turista al manicomio e per quel che ne so è ancora lì.

E il barcaiolo?

Era mio padre.

17 febbraio 2007

valore.

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.

Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.

Considero valore il vino finche' dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e' risparmiato, due vecchi che si amano.

Considero valore quello che domani non varra' piu' niente e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.

Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che .

Considero valore sapere in una stanza dov'e' il nord, qual'e' il nome del vento che sta asciugando il bucato.

Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto.

(e.dl)

14 febbraio 2007

citarsi addosso

Graffia.

Perché te lo chiedo in silenzio.

Hai mani sporche:Infetta.

Perché da troppo tempo qualcosa non si addentra.

Tra immaginario e desiderio.

Rimani sospesa, tra le parole che ti rimangono sul labbro.

E i movimenti che non invadono la vicinanza.

Odio il pianoforte, ma continuo ad ascoltarlo ogni notte.

A perdere nell’acqua quella sensazione che ti ricordava così bella.

Nelle macchie scure,così come nelle ombre.

Negli odori.

Nelle parole scomposte. Ridicole.

L’ironia che ti rende più bella ancora quando ti butti sulla faccia quelle espressioni così brutte.